Palazzo Roncioni

© Nicola Ughi

Con la severa facciata seicentesca ove campeggia lo stemma dei proprietari, un cavallo robusto detto “concione” o “ronzone”, il palazzo Roncioni rappresenta uno dei più significativi esempi di dimora nobiliare pisana della prima Età moderna. Ancora per buona parte di proprietà della famiglia che le ha dato il nome, il primo nucleo dell’edificio era stato comprato nel 1630 dal balì Cesare Roncioni per trasferirsi, da via Santa Maria, in una nuova abitazione affacciata sull’Arno, sul lungofiume dove dal pieno Cinquecento andavano sorgendo molte residenze nobiliari, posizione che egli definiva «area e sito di Pisa il migliore».

Acquisti successivi ampliarono il primo nucleo fino a raggiungere il limite nord dell’isolato, mentre si avviavano i lavori di ristrutturazione per trasformare quell’insieme di più case medievali in un palazzo dotato di una nuova facciata, di un ampio portale, del balcone al piano nobile, a immagine e simbolo della preminenza cittadina della famiglia aristocratica che l’abitava.

Tracce dell’accorpamento di strutture edilizie preesistenti sono ben visibili sui fianchi esterni, mentre all’interno recenti interventi di restauro hanno portato alla luce due diversi strati di decorazione parietale riferibili rispettivamente ai decenni tra Due e Trecento e al pieno XIV secolo. Si tratta di parati pittorici riferibili a due differenti piani di un edificio inglobato, che raffigurano ideali drappi tessili appesi ai muri. Al livello inferiore il più antico presenta una decorazione a onde bianche e rosse, sostituita in una stesura successiva da una decorazione rappresentante pelli di vaio stilizzate; sul livello superiore troviamo un finto arazzo con cavalieri in armatura, ricoperto in pieno Trecento dalla riproduzione di una finta parete lapidea.

La conformazione planimetrica del palazzo verso l’interno è a ferro di cavallo, con ampi affacci a loggiato che si aprono su un giardino all’italiana recintato da alcune dipendenze. Gli interni conservano pregiati affreschi settecenteschi dovuti alla committenza del balì Angiolo Roncioni (1748-1812), grande appassionato d’arte, che ingaggiò il pittore pisano Giovanni Battista Tempesti per affrescare le pareti e le volte e si rivolse all’artista francese Jean-Baptiste Frédéric Desmarais per la realizzazione del ritratto della Famiglia Roncioni. Nel 1795 fece costruire all’architetto Alessandro Gherardesca un teatrino dove poco dopo Vittorio Alfieri recitò il Saul.

Tra Sette e Ottocento il palazzo fu alloggio temporaneo di ospiti illustri, tra i quali il granduca Pietro Leopoldo, Madame de Staël, Paolina e Luigi Bonaparte e lord Byron

Dirimpetto al palazzo, poco più avanti, si trova lo scalo Roncioni, una delle ultime rampe d’accesso verso l’Arno sopravvissute alle ristrutturazioni del XIX secolo.

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