Palazzo Scotto Corsini

© Nicola Ughi

Palazzo Scotto Corsini, l’ampio complesso architettonico che apre il ventaglio delle dimore storiche affacciate sui lungarni di Mezzogiorno, ha origini relativamente recenti e strettamente legate al contiguo Giardino Scotto, grande polmone verde aperto al pubblico nel 1939. Oggi lo vediamo nella ricostruzione postbellica realizzata – dopo decenni di degrado seguito ai danni provocati dal bombardamento dell’agosto 1943 – tra gli anni Novanta del Novecento e i primi del Duemila.

La sua storia ha inizio sul finire del Settecento, ma consente di ripercorrere la plurisecolare vicenda di quest’area alle soglie della città scandita da profonde trasformazioni: nucleo abitato facente capo alla chiesa di Sant’Andrea in Chinzica sviluppatosi sul finire del secolo XI nella fase più antica, poi – rasi al suolo edificio sacro ed abitazioni – cittadella militare realizzata dai Fiorentini per tenere sotto controllo la città conquistata nel 1406, e rafforzata dopo la seconda conquista del 1509 su progetto di Giuliano da Sangallo. Perduta ogni funzione di presidio militare e divenuta ricettacolo di commerci illeciti, nel 1781 la fortezza fu messa in vendita e acquistata dal ricco livornese Pietro Chiesa, proprietario di un importante cantiere navale, che davanti al ponte della Fortezza costruì il complesso noto con il nome di «Tre Palazzi», maestosa residenza rispondente all’aspirazione della famiglia all’accesso ai ranghi dell’aristocrazia pisana. Ma una decina di anni più tardi il declino delle fortune dei Chiesa causò il passaggio della proprietà nelle mani di Domenico Scotto, ricco mercante originario di Procida con una solidissima posizione a Livorno: egli intraprese un’opera di ampliamento e di ristrutturazione del palazzo, affidando la decorazione degli interni al pittore neoclassico Luigi Ademollo, e trasformò l‘area racchiusa entro le muraglie della Cittadella in un giardino romantico, importandovi aranci e limoni perfino dal Portogallo e dando vita a una sorta di proiezione della villa di campagna nel paesaggio urbano.

Due generazioni più tardi il matrimonio di Luisa Scotto, nipote di Domenico, con il principe fiorentino Andrea Corsini comportò il progressivo abbandono della dimora come residenza di famiglia, trasformata in una sorta di grande condominio abitato da locatari di varia provenienza e in parte venduta, fino al 1936, quando il palazzo perse la sua destinazione abitativa e privata per divenire sede della Regia Questura: condizione che, insieme con la vicinanza al ponte, l’avrebbe resa pochi anni dopo ‘obiettivo sensibile’ per un bombardamento, segnandone la rovina.

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