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Museo Nazionale di Palazzo Reale

Una delle testimonianze più preziose dei Medici a Pisa, il palazzo è stato costruito nel 1583 per volere di Francesco I de Medici, figlio del duca Cosimo I, e usato principalmente come sede invernale dei duchi per evitare il freddo fiorentino troppo rigido. Passato poi ai Lorena, diventa infine “Reale” con i Savoia.


Al suo interno puoi immergerti nella vita di corte tra magnifici arazzi, armature e splendidi arredi decorati.
Tra le opere più rilevanti spiccano i ritratti del duca Cosimo I de Medici e sua moglie, Eleonora di Toledo, di cui è conservato l’eccezionale e preziosissimo abito di velluto rosso; si trovano poi altri ritratti monumentali di membri della casata lorenese, subentrata ai Medici nel governo della Toscana, e di due re sabaudi, Vittorio Emanuele II e Umberto I.
Ma la reggia ospita anche molte collezioni private, tra cui opere attribuite a Rosso Fiorentino e al giovane Raffaello.
Arricchiscono la visita una straordinaria raccolta di dipinti fiamminghi e italiani, miniature in avorio, medaglie, porcellane asiatiche e disegni, appartenute al collezionista e chirurgo Antonio Ceci.
Infine, il percorso museale si completa con particolari sculture in stile “cubo-futurista” di Antonio Griselli, artista del Novecento.

News

L’abito di velluto rosso di Eleonora di Toledo e il ritratto della Duchessa con il figlio Francesco di Agnolo Bronzino del Museo Nazionale di Palazzo Reale di Pisa, saranno esposti alla mostra “Eleonora di Toledo e l’invenzione della corte dei Medici a Firenze”, Galleria degli Uffizi, Tesoro dei Granduchi di Palazzo Pitti, Firenze, dal 6 febbraio al 14 maggio 2023.

Mostre concluse

15 ottobre – 17 dicembre 2022

Eleonora di Toledo e Cosimo I de’ Medici, giovane coppia nobilissima e bella

In occasione del cinquecentenario di Eleonora di Toledo, nata in Spagna nel 1522, questa piccola e preziosa mostra ha inteso, attraverso una selezione di opere del Museo nazionale di Palazzo Reale di Pisa e de Le Gallerie degli Uffizi di Firenze, evocare vicende, committenze, gusto, corte, simboli della “coppia nobilissima et bella”.

MUSEO NAZIONALE DI PALAZZO REALE A 360 GRADI:


THE BEST OF:

Caccia all’orso al dardo, di Giovanni Stradano (disegno) e Benedetto Squilli (tessitura), 1569

L’arazzo, realizzato presso l’arazzeria medicea fiorentina, fa parte della serie di “Trentasei Cacce” tessute per la Villa medicea di Poggio a Caiano.

La scena, sul culmine di grande concitazione e drammaticità, gioca sul contrasto tra il movimento delle figure a sinistra e la staticità degli uomini a destra, creando un effetto di istantanea, che fotografa l’attimo fatale dell’orso.

Abito di Eleonora di Toledo, di Manifattura toscana, 1550 – 1560

Nei musei puoi trovare tele, armature in metallo, pochi oggetti in legno, ma quasi mai vestiti antichi. Questo perché, specialmente se fatti di tessuti delicati, è raro che si conservino per secoli. L’abito rosso cremisi di Eleonora di Toledo, moglie del duca Cosimo de’ Medici, è uno dei rari casi al mondo di abito cinquecentesco meravigliosamente intatto.

Rosso che?

Parliamo della sfumatura “rosso cremisi”, che era il colore ufficiale del potere dei Medici, come confermato dalle leggi suntuarie (ordinamenti che avevano lo scopo di limitare il consumo legato all’ostentazione del lusso), con cui viene riservato l’uso di questo colore unicamente alla famiglia e alla corte.

L’abito è stato recuperato dai depositi dell’ex convento di San Matteo, insieme ad altri due abiti esposti nel museo. Dopo la sua morte, infatti, la duchessa subisce il peggiore incubo di qualsiasi donna: il suo guardaroba viene interamente donato. Che fine fanno i vestiti? Arrivano alle monache benedettine, che li reimpiegano per vestire delle sculture lignee durante particolari festività liturgiche.

Dalle proporzioni del vestito è stato possibile anche ricostruire quella che doveva essere la figura di Eleonora: una donna dalle misure e altezza estremamente minute rispetto agli standard di oggi.

Ritratto di Eleonora di Toledo col figlio Francesco, di Bronzino, 1549

Recuperato dai depositi dove era stato conservato senza identificazione, l’opera in questione rappresenta, in realtà, Eleonora da Toledo, figlia di don Pedro da Toledo, viceré di Napoli e luogotenente dell’imperatore Carlo V.

Nel 1539, all’età di diciassette anni, Eleonora sposò il granduca Cosimo I, portando con sé una ricca dote. Eleonora e Cosimo ebbero ben dieci figli, ma sfortunatamente molti di questi morirono per epidemie dopo pochi anni di vita. Il primogenito, Francesco, è ritratto qui accanto alla madre all’età circa di 8 anni. Ciò permette di datare il quadro attorno al 1549.

Abituata a una vita di corte importante, una volta arrivata a Firenze, prese subito la decisione di comprare un palazzo più grande e più adatto ad ospitare una numerosa famiglia rispetto a Palazzo Vecchio: stiamo parlando dell’attuale Palazzo Pitti. Grazie alla ricca dote, comprerà anche l’orto adiacente, oggi Giardino di Boboli.

Fu una donna molto risoluta ed legata al marito, al quale scriveva almeno due volte al giorno secondo l’ampia mole di lettere ritrovate. Sembra che fosse una delle poche persone che riuscisse a tenergli testa, consigliandolo nei momenti più difficili e calmando i suoi continui sbalzi d’umore.


Ritratto di Ferdinando de’ Medici, di Alessandro Allori, 1587

Il dipinto, eseguito nel 1587, ritrae Ferdinando de’ Medici con la veste cardinalizia, alla vigilia della sua incoronazione a granduca dopo la morte del fratello maggiore Francesco. Penultimo dei dieci figli avuti da Cosimo I ed Eleonora di Toledo, alla morte del fratello Giovanni, già cardinale in giovanissima età, Ferdinando fu costretto dalla strategia politica della famiglia a vestire nel 1562 la porpora cardinalizia, che consentiva ai Medici di avere influenze e mantenere buoni rapporti con la corte papale.

Rebecca al pozzo, bottega di Rosso Fiorentino, 1525 circa

L’opera, attribuita in passato a Rosso Fiorentino, è stata oggetto di approfondimenti, che l’hanno ricondotta alla bottega del maestro.

La scena si riferisce ad un episodio tratto dall’Antico Testamento: Elizier, servo di Abramo, fermatosi per far riposare i cammelli ad un pozzo, incontra Rebecca. La giovane donna si rivela essere la prescelta per le nozze con Isacco, figlio del suo padrone.

Il pittore relega audacemente la scena principale sul fondo, sia pur in alto e in posizione centrale, e addensa i primi piani e i lati di corpi nudi, disarticolati in torsioni e movimenti concitati, con giochi di luci ed ombre contrapposte

Amor sacro e amor profano, attribuito a Guido Reni, prima metà del 1600

Studi recenti ritengono che il grande dipinto, attribuito in passato a Guido Reni, pittore e incisore italiano fra i maggiori del Seicento, sia più probabilmente copia di un originale perduto.

La scena presenta a destra un angioletto nudo, l’Amor Profano, con gli occhi coperti da una benda ed i polsi legati dietro la schiena; a sinistra, un giovinetto anch’esso nudo e alato, l’Amor Sacro, è inginocchiato, intento a bruciare su un fuoco acceso a terra la faretra e le frecce tolte al rivale, simboli dell’amore terreno.

Nella lotta quotidiana che l’essere umano affronta, combattuto tra l’amore carnale e quello spirituale, l’autore ci invita scegliere quest’ultimo.


INFORMAZIONI

Tutte le informazioni si trovano sul sito:
http://www.polomusealetoscana.beniculturali.it/index.php?it/202/pisa-museo-nazionale-di-palazzo-reale