Nel 1277 si apre un nuovo cantiere in piazza dei Miracoli: quello del Camposanto, fondato per accogliere il consistente numero di tombe dei vescovi della città.
“Campo santo”: una reliquia insolita
Viene ricordato dalle fonti con il nome “Campo Santo” perché, secondo la tradizione, il terreno al suo interno venne ricoperto con la terra proveniente dal Monte Golgota di Gerusalemme – dove Gesù fu crocifisso –, portata dal vescovo di ritorno dalla quarta crociata. Questa reliquia preziosissima sancisce definitivamente la sacralità del luogo, che inizialmente era stato voluto soprattutto per radunare i numerosi sarcofagi romani scoperti nel corso dei secoli, e varie sepolture, che si stavano affollando in maniera disordinata attorno alla cattedrale.
CAMPOSANTO a 360 gradi:
Nel corso del Trecento si iniziano a decorare le pareti con solenni affreschi che ritraevano il tema della vita e della morte, per opera dei pittori Buonamico Buffalmacco (1290-1340) e Francesco Traini (1321-1365), artisti più celebri del loro tempo.
All’interno di questo “Pantheon pisano” troviamo anche defunti laici: infatti, prestigiose famiglie, professori e rettori dell’Università di Pisa hanno pensato bene di reimpiegare gli antichi sarcofagi romani per la propria tomba.
Già dal Cinquecento sono state aggiunte iscrizioni romane sulle pareti e si sono raccolte testimonianze della storia cittadina, dando vita a un precoce processo di “musealizzazione“.
Il Camposanto diventa, infatti, il primo museo della città agli inizi dell’Ottocento, quando molti enti religiosi vengono soppressi a causa delle riforme napoleoniche e il loro patrimonio viene raccolto qui, impedendo così il loro disperdersi.
I risvolti “positivi” di un bombardamento
Il museo subisce pesantissimi danni durante la Seconda guerra mondiale. Nel 1944 viene bombardato da un raid aereo e i tetti di piombo prendono fuoco, fondendosi.
Ciò ha portato a un serio danneggiamento – e in parte distruzione – degli affreschi interni, sculture e sarcofaghi. Dal 1945 ad oggi sono ancora in corso lavori di restauro, che hanno portato inoltre al recupero delle sinopie, oggi esposte nel Museo delle Sinopie, la prossima fermata che trovi nel lato sud della piazza.